Netcomm: 'E-commerce moda in Italia al +28%, ma è solo l'inizio'

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L'e-commerce B2C di moda in Italia sembra finalmente pronto a spiccare il volo. Quest'anno dovrebbe riuscire a mettere a segno un aumento, confermandosi tra i settori più in crescita.

L'e-commerce B2C di moda (abbigliamento, scarpe e accessori) in Italia sembra finalmente pronto a spiccare il volo. Quest'anno dovrebbe riuscire a mettere a segno un aumento del 28%, raggiungendo i 2,5 miliardi di euro di valore e confermandosi tra i settori più in crescita, non solo grazie al lusso ma anche ai segmenti premium e mass.

È lo scenario che Netcomm, il consorzio del commercio elettronico italiano, ha illustrato in occasione della Ceo Roundtable di Fashion.

«Sono dati incoraggianti, anche se ancora non sufficienti a dichiarare maturo e dinamico il settore nel nostro Paese, dove i modelli di business stanno cambiando rapidamente e dove si profila un mercato tutto all'insegna del comportamento omnicanale» afferma Roberto Liscia, presidente di Netcomm.

Durante tutto il 2017 ha tenuto banco il dibattito sugli effetti dell’online sul commercio tradizionale. Il successo dell’e-commerce lo mette alla prova in mercati più maturi come l'Italia, dove le insegne devono progettare efficaci soluzioni ibride online-offline, anche per contrastare il generale calo di accesso nel retail, che da noi ha toccato il 2,7%.

«Il mobile in particolare - sottolinea Liscia - sarà alla base dell'esperienza multicanale ed è in questo segmento che le aziende dovranno investire di più. Per convincerle dovrebbero bastare pochi dati: i compratori multidevice acquistano più frequentemente e ormai il 65% dei consumatori raffronta i prezzi sullo smartphone durante gli acquisti in negozio. La percentuale sale al 77% quando di tratta di Millennials».

Nonostante i tassi di crescita a doppia cifra e il boom del mobile commerce, che in Usa e Giappone è oltre la metà dell’e-commerce, l'online per il momento non è destinato a superare l'offline.

«Secondo le nostre stime nel 2025 - precisa Liscia - l’e-commerce riguarderà comunque solo il 15% delle vendite. Quindi la domanda più importante che devono porsi le aziende è cosa succederà al restante 85%: il retail tradizionale dovrà cambiare pelle, per integrarsi al meglio con il digitale».

«Molti nuovi modelli sono in sperimentazione - prosegue -. Occorre tenere conto di tante variabili, per esempio l’omnicanalità del consumatore, gli impatti sulla logistica, il nuovo quadro regolamentare della data protection o degli e-payment».

Il settore richiede molti investimenti, ma vendere prodotti in Rete è un patrimonio per le aziende, visto che offre la possibilità di profilare, conoscere e servire i clienti secondo il loro comportamento d’acquisto e di vita, anticipandone i desideri.

«La scommessa dell’e-commerce nel lungo termine - conclude Liscia - è la possibilità di profilare clienti. Altrimenti non ci si spiegherebbe perché tre colossi dello sportswear come Adidas, Asics e Under Armour possano arrivare a investire un miliardo in applicazioni di fitness: è per sapere cosa fa il cliente una volta indossate le loro scarpe».

(di Redazione, FashionMagazine.it)