Milano, la Galleria è il place to be del lusso

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Tra affitti da capogiro e nomi altisonanti, non ci sono dubbi sul ruolo di primo piano che la location ricopre nello scenario dello shopping meneghino.

In Galleria Vittorio Emanuele si sposta un’altra insegna. È la volta di Tod’s, che si aggiudica per 18 anni l’immobile finora occupato da Bric’s e messo all’asta dal Comune di Milano. Il valore dell’offerta economica, con cui ha sbaragliato i concorrenti Celine e Samsonite, è stellare: oltre 1,8 milioni di euro di canone annuo, ma non stupisce trattandosi della location più ambita e prestigiosa del centro di Milano.

Il bando per il lotto, con due vetrine in Galleria e ingresso in via Tommaso Marino, era stato aperto lo scorso novembre con una base d’asta di 722mila euro, più che raddoppiata dal marchio della famiglia Della Valle. Bric’s, intanto, si è impegnata a liberare l’insegna entro la fine di marzo per traslocare nello spazio prima occupato da Zadi, sempre in Galleria, che ha conquistato lo scorso giugno per un canone di 501mila euro.

Per Tod’s non è un debutto in Galleria, che presidiava già con quattro vetrine nel braccio laterale del salotto meneghino e una su via Silvio Pellico. Il suo trasferimento creerà un nuovo lotto vacante da 284 metri quadri che sarà protagonista del prossimo bando di Palazzo Marino, insieme alle gare per i locali occupati da Piumelli e Suadeo.

I nomi di moda e lusso si avvicendano in quella che è ormai diventata il place to be dello shopping d’alta gamma milanese. L’ultima mossa è stata quella di Chanel, che appena un mese fa si è accaparrata gli spazi ex Cobianchi, posti al piano interrato di Piazza Duomo19/a . Il Comune ha consegnato le chiavi dello storico albergo diurno alla maison della doppia C per un canone annuo di 1,3 milioni di euro, che si aggiungono agli 1,8 milioni da investire per la riqualificazione degli spazi estesi su una superficie di 1.351 metri quadri e che la fashion house punta a trasformare in un “nuovo spazio espositivo multifunzionale”.

Prima ancora c’era stata Gucci a correre per un posto al sole nell’ambitissima location. La maison di Kering si è aggiudicata lo scorso settembre gli spazi ex Massimo Dutti: un immobile di quasi mille metri quadrati con tre vetrine su cinque livelli affacciate sull’ottagono, che il brand di casa Inditex aveva conquistato nel 2016 e che era tornato sul mercato con una base d’asta di tre milioni di euro di canone d’affitto annuo. Il marchio era arrivato a proporne 4,5, la migliore offerta sul piatto.

Ma lo scettro del canone più caro spetta a Dior, che nel 2020 ha piantato la sua bandiera nell’ex insegna Versace per 5,5 milioni di euro, ben oltre anche i due milioni pagati da Prada. Si è trattato di una doppietta per Lvmh, che contestualmente si era accaparrata anche i 336 metri quadrati dello store Armani, ora occupati da Fendi. Complessivamente, il colosso parigino aveva versato 7,5 milioni di euro (di cui 2,4 circa proprio per il monogram della maison romana), “la cifra più alta mai pagata per avere un affaccio in Galleria Vittorio Emanuele II”, aveva sottolineato Palazzo Marino.

Armani, nel frattempo, ha affisso il proprio nome nello store ex Tim, che nel 2019 aveva ottenuto con 24 rialzi per una cifra di 1,9 milioni l’anno, vincendo la prima asta all’incanto bandita dal Comune del capoluogo lombardo.

Tra affitti da capogiro e nomi altisonanti, non ci sono dubbi sul ruolo di primo piano che la location ricopre nello scenario dello shopping meneghino. Secondo il Tradelab Shopping Index, calcolato dall’Osservatorio Non Food 2021 di Gs1 Italy, Milano guida la classifica dei principali contenitori commerciali del territorio italiano proprio grazie alla spinta propulsiva della Galleria, cui va la medaglia d’oro per lo shopping tra i centri storici del Paese.

Un ruolo di spicco che storicamente le appartiene, in quanto simbolo della Milano che coniuga architettura e lusso, ma che ha ripreso slancio negli ultimi anni assistendo a un fermento senza precedenti.

(a cura di Laura Bittau, PambiancoNews.com)

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