La moda si aggrappa al web. Nel 2020 il Covid impone una trasformazione strategica

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Lo scorso anno ha inevitabilmente visto crescere l’incidenza dell’e-commerce sui ricavi delle aziende di settore. Per i colossi è la conferma della necessità di un’accelerazione digitale.

Lo scorso anno ha inevitabilmente visto crescere l’incidenza dell’e-commerce sui ricavi delle aziende di settore. Per i colossi è la conferma della necessità di un’accelerazione digitale.

I bilanci 2020 della moda come testimonianza della Covid disruption e di una sempre maggiore incidenza dell’e-commerce sulle vendite. È infatti nei conti di un anno duramente segnato dalla pandemia che emerge, contraltare alla crisi del retail, lo slittamento dei consumi verso la rete. Vale per il fast fashion e per i giganti dello sportswear, ma anche per il lusso. Le diverse fasi di chiusura dei negozi monomarca e delle boutique, nell’ultimo anno, hanno portato i clienti a fare acquisti online. I big spender internazionali, inoltre, hanno comprato su Farfetch, Net-a-porter, Mytheresa o sui siti delle griffe quello che in altri anni compravano, da turisti, nelle vie dello shopping più note del mondo. Segnali dello shift in corso sono anche il superamento di Walmart da parte di Amazon, diventato così il primo rivenditore di moda negli Usa, e la conversione dei negozi tradizionali in hub per l’e-commerce.

LA RETE TRAINA IL LUSSO

“Con la pandemia che tiene le persone a casa – spiega il report The State of Fashion 2021 di Business of Fashion e McKinsey & Company -, il 2020 potrebbe essere ricordato come l’anno in cui le vendite al dettaglio di moda hanno registrato lo shift definitivo verso l’online. In un periodo di soli otto mesi, la quota di vendite di moda e-commerce è quasi raddoppiata dal 16% al 29% a livello globale, facendo un balzo in avanti pari a sei anni di crescita”. Danno man forte a questa tesi i numeri dei big di settore. Lvmh ha archiviato il 2020 con ricavi per 44,7 miliardi di euro, in flessione del 17% sul 2019. La performance ha registrato un lieve miglioramento durante il Q4, quando il colosso di Bernard Arnault ha riportato un calo di appena il 3% a livello organico, contro il -7% del Q3, il -38% del Q2 e il -17% del Q1. Nei 12 mesi il gruppo ha visto forte accelerazione delle vendite online, che ha in buona parte compensato la chiusura dei negozi. Simile l’andamento del competitor Kering, che ha chiuso il 2020 con ricavi per 13,1 miliardi di euro, in calo del 17,5 per cento. Nel solo Q4 la flessione risulta però limitata a un -4,8%, segno della ripresa del mercato. Tra i diversi canali di vendita, alle difficoltà del retail (-15,9%) e del wholesale (-17,4%), fa da contrappeso il +67,5% dell’online, che ha raggiunto il 13% delle vendite retail. Il mercato cinese e il web hanno limitato la flessione 2020 anche per le italiane Moncler, Ferragamo, Tod’s e Brunello Cucinelli.

LA TRASFORMAZIONE DI INDITEX E NIKE

Dai conti di Inditex arriva il messaggio simbolo del doppio volto di un anno segnato dalla pandemia, ma anche da un’intensa trasformazione strategica. Il gigante spagnolo del fast fashion, nell’esercizio concluso il 31 gennaio 2021, ha visto l’e-commerce crescere del 77%, ma, soprattutto, ha visto la rete generare, secondo l’analisi di Bloomberg, “un terzo dei ricavi totali”. Il boom dell’online (la cui incidenza nel 2019 era del 14%) ha quindi accelerato rispetto alle stesse previsioni della controllante di Zara: a giugno 2020, Inditex aveva infatti stimato che l’e-commerce sarebbe arrivato al 25% del fatturato nel 2022. Nei 12 mesi le vendite del gruppo si sono assottigliate da 28,2 a 20,4 miliardi di euro, mentre i profitti sono crollati del 70% a 1,1 miliardi. Il giro d’affari del web ha superato i 6,6 miliardi di euro, con 5,3 miliardi di visite agli e-shop delle controllate (+50 per cento). “Inditex – spiega Bloomberg – ha raggiunto l’obiettivo di ottenere il 25% delle entrate dall’e-commerce due anni prima del previsto poiché la pandemia ha cambiato le abitudini di consumo. L’azienda investirà 1 miliardo di euro, tra il 2020 e il 2022, per rafforzare ulteriormente il proprio business digitale”.

L’innovazione in chiave tech è al centro delle strategie di un altro colosso, Nike. Il CEO John Donahoe guida il gruppo dello swoosh verso un modello di vendita direct-to-consumer, dove c’è sempre meno spazio per i rivenditori terzi (molti contratti di fornitura sono cessati nel 2020, per uno stop definitivo che dovrebbe concretizzarsi quest’anno) e sempre maggior tutela dei propri margini. Nel Q3 dell’esercizio 2020-21 Nike ha evidenziato ricavi in crescita del 3% a 10,4 miliardi di dollari (circa 8,7 miliardi di euro). Le vendite dirette del gigante dello sportswear hanno segnato un +20% a 4 miliardi di dollari, mentre l’utile trimestrale ha toccato quota 1,4 miliardi (+71 per cento). Nel Q3 i ricavi digitali del solo marchio Nike sono aumentati del 59%, ha affermato la società, citando una forte crescita in ogni regione.

AMAZON BATTE WALMART

Nella sfida tra giganti per il dominio del mercato, nel 2020 Amazon ha superato Walmart, diventando il primo rivenditore di abbigliamento negli Stati Uniti. Lo ha reso noto un’analisi di Wells Fargo, secondo le cui stime, le vendite 2020 di abbigliamento e calzature di Amazon negli Stati Uniti sono aumentate di circa il 15% a 41 miliardi di dollari, il 20-25% in più rispetto a quelle di Walmart. “Ciò rappresenta una quota dell’11-12% di tutto l’abbigliamento venduto negli Stati Uniti e del 34-35% di tutto l’abbigliamento venduto online – hanno dichiarato in una nota alla Cnbc gli analisti della multinazionale di servizi finanziari -. Stimiamo che Amazon supererà i 45 miliardi di dollari di vendite di abbigliamento e calzature nel 2021”. Il gruppo di Seattle ora rivendica una quota dal 30% al 35% del mercato dell’abbigliamento e delle calzature online, ha affermato Wells Fargo.

Collaterale alla centralità dell’e-commerce, infine, la corsa di molte insegne ai dark store, hub dedicati e progettati per servire i clienti della rete. Il calo del prezzo degli affitti dei locali commerciali e l’aumento dell’online hanno portato al moltiplicarsi di questi magazzini logistici, ubicati dove precedentemente erano ubicati i negozi. Durante le fasi di lockdown, iniziative simili sono state adottate dai player spagnoli Inditex, El Ganso ed El Corte Inglès. Questo tipo di hub, del resto, favorisce consegne rapide, trovandosi nel centro città o in zone residenziali.

(a cura di Giulia Sciola, PambiancoNews)