E-commerce e omnichannel, i negozi italiani in ritardo. Ma la moda traina le innovazioni

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L’Italia è un Paese ancora poco incline all’innovazione digitale, soprattutto rispetto all’estero, ma il comparto fashion è quello che più degli altri traina le sperimentazioni.

Dopo 11 trimestri consecutivi di conti in calo, riusciranno le prossime festività a ridare fiato a Macy’s? La catena statunitense di department store è fra i retailer più danneggiati dalla concorrenza dell’e-commerce, in un Paese dove, secondo Credit Suisse, chiuderanno 8600 punti vendita entro la fine dell’anno, a fronte dei 2mila del 2016.

Eppure, proprio le tecnologie digitali potranno salvare i negozi tradizionali, facendoli evolvere da luoghi di mera transazione a spazi di intensa e intima relazione con il cliente. Lo confermano i dati della nuova ricerca dell’Osservatorio Innovazione Digitale nel Retail del Politecnico di Milano, che saranno presentati domani mattina al campus Bovisa dell’ateneo: dall’esame delle strategie digitali dei 300 più grandi retailer del Paese e di 200 piccoli e medi, è emerso che l’Italia è un Paese ancora poco incline all’innovazione digitale, soprattutto rispetto all’estero, ma che il comparto fashion è quello che più degli altri traina le sperimentazioni, anche perché oltre l’80% dei suoi rappresentanti è presente online, contro il 47% dell’Arredamento e il 30% dell’Alimentare.

«Il ritardo dell’Italia è causato anche dalla peculiare frammentazione del suo tessuto commerciale – nota Valentina Pontiggia, direttore Osservatori Digital Innovation della School of Management del Politecnico - : i piccoli spesso non hanno capitali sufficienti per sperimentare. Ma anche molti big stanno iniziando solo ora a occuparsi seriamente dei temi digitali, scontrandosi peraltro con la scarsità di management specifico, come data scientist ed esperti di digital marketing».

E anche se per aggiornare la propria offerta retail persino i big investono in media meno dell’1% del loro fatturato, quelli della moda sono i più coraggiosi: «La maggiore disponibilità di capitali, insieme a una maggiore propensione alla sperimentazione, consente loro di essere un modello anche per retailer di altri settori – prosegue Pontiggia-: da una parte i brand mass market stanno puntando più sull’integrazione fra offline e online, con servizi come il “click and collect” e il reso in store, mentre quelli di fascia più alta stanno trasformando i loro negozi in luoghi esperienziali e con servizi sempre più su misura del cliente».

La moda è il settore che più sta investendo anche nell’ideazione di nuovi format di negozio («connesso, veloce, interattivo, esperienziale», si legge nella ricerca), tendenza che dagli altri è percepita come la più incerta e dunque rischiosa per i propri bilanci. «Il periodo delle feste è tradizionalmente quello in cui si testano nuovi format», conclude Pontiggia. La sfida per Macy’s, e per i retailer più “conservatori”, è pronta a riaprirsi.

(di Chiara Beghelli, redazione Il Sole 24 Ore)