Retailtainment: perché i negozi fisici sono (e saranno) duri a morire

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Le vendite on line continuano la loro inarrestabile crescita, ma non senza dare agli operatori tradizionali tempo e spazio per adeguarsi a questa nuova realtà.

In Italia 32 milioni di consumatori utilizzano internet in una o più fasi del processo d’acquisto. Si tratta del 60% della popolazione di età superiore ai 14 anni (dati: Osservatorio Multicanalità, Politecnico di Milano, 2017). Ma si tratta, anche, di un numero molto vicino alla totalità degli utenti online italiani (dati: Audiweb). Secondo Amazon, poi, 1 transazione su 5 in Italia è influenzata da Amazon.it.

Eppure, solo poco più del 5% degli acquisti in Italia vengono conclusi online (dati: osservatori.net, 2017). Certo, non va dimenticato l’irresistibile trend dell’e-commerce, che in Italia cresce del 17% anno su anno da un decennio (dati: Politecnico di Milano).

Ma la domanda è: dove finiscono più di nove acquisti su dieci, oggi?

Nei negozi tradizionali, naturalmente.

Il processo di crescita delle vendite online rispetto a quelle offline è infatti ben lontano dall’essere giunto a uno stadio di maturità. Questo significa che internet ha creato nuovi giganti del retail (i.e. Amazon & Alibaba) ma sta dando (soprattutto in Italia, che ha un gap di penetrazione importante rispetto ai paesi più sviluppati) tempo e spazio agli operatori tradizionali per adeguarsi – oppure per difendersi e rilanciare.

Uno dei modi per farlo è il retailtainment.

La diffusione dei servizi di intrattenimento all’interno dei luoghi di acquisto è uno dei fenomeni di questi anni. Oggi, cioè, lo shopping fisico è soprattutto “divertimento”, da praticare sia da soli che come momento sociale di condivisione; rappresenta la risposta all’affermarsi della domanda di “esperienza emozionale” nei processi d’acquisto.

Non che questo dell’intrattenimento e dell’emozionalità sia una novità in fatto di shopping experience. Anzi. La novità è che oggi il marketing fatto con ambienti, emozioni, suoni, profumi, attività in-store si configura in maniera crescente quale componente determinante nella motivazione d’acquisto.

Perché? Perché queste esperienze non sono ancora riproducibili con il digitale.

Va detto che lo stesso mondo del tech si presta ad ammorbidire il suo impatto sull’offline grazie a tutta una serie di device che arricchiscono le esperienze in-store tradizionali. Gli smart-mirror, le vetrine intelligenti oppure i virtual-assistant: sono tutti dei buoni esempi di contaminazione e ibridazione dei due mondi (ammesso che si possa ancora parlare di due mondi distinti, visto che certamente non sono più separati, ma anzi quasi sempre sovrapposti).

Questa pertinenza esclusiva del mondo fisico, in quanto tale, è altamente differenziante. Accrescere la capacità relazionale del punto vendita con attività in-store, eventi legati a testimonial, blogger, influencer e un’offerta di servizi “edonistici”: su questi aspetti si gioca la sfida per la sopravvivenza dei negozi come li abbiamo conosciuti fino a oggi.

(Di Federico Corradini, GiornaleDellePmi.it)