Kiton, viaggio nel tempio del capospalla sartoriale

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La fiera digitale Pitti Connect fa tappa in Campania per svelare i segreti dietro la realizzazione della giacca perfetta con un tour nei laboratori di Kiton, realtà di punta della moda uomo fondata negli anni ‘60 da Ciro Paone e oggi guidata dal nipote Antonio De Matteis.

Dopo l’evento inaugurale di Cucinelli e la diretta di Herno, la fiera digitale Pitti Connect, che ha aperto i battenti il 12 gennaio e durerà sino a fine marzo, fa tappa in Campania per svelare i segreti dietro la realizzazione della giacca perfetta con un tour nei laboratori di Kiton, realtà di punta della moda uomo fondata negli anni ‘60 da Ciro Paone e oggi guidata dal nipote Antonio De Matteis.

“Pitti è sempre stata la più importante manifestazione del nostro settore”, dice De Matteis, accompagnato nel suo percorso dall’amministratore delegato di Pitti Immagine, Raffaello Napoleone. “Quest’anno è cambiata la formula, ma siamo rimasti fedeli al salone. È sempre una grande palestra”.


Antonio De Matteis, CEO di Kiton

Il tour comincia dal magazzino dove vengono stoccati i tessuti, prima che le abili mani degli artigiani Kiton ne ricavino capi di alta sartoria. Si va dalla vicugna effetto denim, realizzata all’interno del lanificio biellese Carlo Barbera acquisito 10 anni fa, a quella ‘solaro’ di stampo british e in jacquard, passando per le lane più fini al mondo.

In risposta alla crisi del guardaroba formale, Kiton ha saputo rinnovare la sua offerta in chiave contemporanea con la linea ‘Knt’, una selezione di capi confortevoli che si affianca al trend dello sportswear, ma senza perdere in forma e vestibilità.

Knt è cresciuta anche nel 2020, ma l’anno è stato nel complesso difficile”, spiega De Matteis. “Dobbiamo superare i prossimi 2-3 mesi, sono ottimista perché con il vaccino e con la massima attenzione ci attende un futuro meraviglioso”.

Circa a metà della diretta l’imprenditore campano apre le porte del tempio del capospalla sartoriale dove vengono prodotte le giacche Kiton. Un enorme reparto nel cuore dell’azienda che ospita diverse fasi e lavorazioni per un totale di 180 addetti.

Tutto, qui, è fatto rigorosamente a mano, seguendo i canoni delle sartorie di una volta. “Lo stiro finale viene eseguito con panno umido e solo sulle parti che lo necessitano per non stressare tessuti, fodere e interni”, precisa De Matteis, che sottolinea come dopo ogni operazione il capo venga stirato e fatto riposare per il passaggio successivo.


Uno dei reparti produttivi di Kiton

Occhi e mani degli artigiani sono il motore della fabbrica, osserva l’Ad, che raccoglie i frutti dell’investimento in formazione fatto all’inizio del millennio. La scuola prevede 4 anni di corso e garantisce il ricambio generazionale in azienda. “Molti ragazzi presenti vengono dalla scuola”, racconta De Matteis. “Abbiamo ringiovanito i sarti che ora hanno un’età media di 36-37 anni”.

“Le creazioni finali richiedono 25 ore di lavoro, contro le 2/3 ore della giacca industriale”, ricorda, “mentre anche i passaggi più delicati, come colli, spalla e maniche, sono garantiti da un know-how ultradecennale”.

Il marchio produce tutta la collezione nei siti di proprietà, di cui 5 in Italia che occupano circa 850 addetti: a Napoli, Caserta (pantaloni sportivi), Fidenza (maglieria), Parma (giubotteria) e Biella (tessuti).

Spostandosi nell’area taglio, infine, De Matteis mostra le operazioni dell’addetto alla centratura dei quadri. “Nessuna giacca potrà mai essere uguale all’altra, perché il taglio sarà sempre eseguito in un punto diverso. Questo non è un difetto, ma un nostro pregio”, sottolinea.

La fabbrica di Napoli è diventata luogo di ‘culto’ e pellegrinaggio da parte di affezionati clienti del marchio che vengono a visitare la produzione in occasione di viaggi a Capri o Positano. “Oggi soffriamo l’assenza del contatto con il consumatore finale”, osserva. La pandemia “ci ha sottotratto il rapporto umano, così come le informazioni sulle esigenze dei clienti, sui loro stili di vita e sui loro desideri. Appena sarà possibile torneremo a viaggiare più di prima”, sostiene infine De Matteis, che conclude con un invito rivolto ai giovani a guardare il mondo con i propri occhi, oltre quelli prestati da cellulari e Pc.

(a cura di Edoardo Meliado, FashionNetwork.com)