Il futuro sarà a 'm' dimensioni: Multi canale e multi complessità

////// Innovation Technology Insights

C’è ottimismo sulla situazione della moda nazionale. Ma, dopo la fine dei modelli ‘conosciuti’, c’è la consapevolezza di doversi misurare con uno scenario che moltiplica tempi e variabili.

C’è ottimismo sulla situazione della moda nazionale. Ma, dopo la fine dei modelli ‘conosciuti’, c’è la consapevolezza di doversi misurare con uno scenario che moltiplica tempi e variabili. Dal ventiduesimo Summit Pambianco Deutsche Bank arriva il messaggio di un made in Italy con carte importanti da giocare. Se le saprà comprendere. E saprà adeguarsi.

Multi canale. Multi frontiera. Multi opportunità. Ma anche, e soprattutto, multi complessità. è il messaggio che arriva dal ventiduesimo fashion & luxury summit di Pambianco Strategie di Impresa, organizzato assieme a Deutsche Bank. Nella consueta cornice di Borsa Italiana, ancora una volta piena in ogni ordine di posti (oltre 500 i presenti), si sono raccolti imprenditori e professionisti alla ricerca di soluzioni per uno scenario quanto mai complesso. Gli interventi sono stati accumunati da un “ottimismo che non si registrava da tempo”, ha sostenuto più di un relatore. Tuttavia, non si profila una strada tracciata. E domina la molteplicità. Dunque, la tematica è vasta e il titolo del convegno si allarga a ‘Il futuro della moda italiana – Quali strategie per crescere nel mercato italiano e internazionale’. A mischiare le carte, evidentemente, è la tecnologia, che accelera i processi e li avvicina progressivamente al mercato finale. Dove, altro fattore ormai decisivo, comanda il consumatore cinese. Tra questo fenomeno strutturale (il web) e questo fenomeno geo-economico (la Cina), l’Italia sembra avere carte da giocare. Deve, probabilmente, imparare a usarle al meglio, anche attraverso un processo di formazione dei suoi operatori.

FATTORI DI OTTIMISMO

Ad aprire la serie di indicazioni positive è stato il padrone di casa, Raffaele Jerusalmi, CEO di Borsa Italiana, il quale ha parlato di “pipeline record, incluso il segmento Aim, di aziende verso la quotazione nel 2018”. Il manager ha anche fornito qualche indicazione sul progetto Italian Listed Brand, il nuovo indice di Ftse Russell che debutterà il 18 dicembre, “composto da 22 aziende su 67 ritenute eligible da un panel di analisti e da Borsa”. L’iniziativa vuole rappresentare “una vetrina con un numero non fisso di eccellenze quotate del made in Italy, che sarà un driver di visibilità per i componenti e per il settore”. Anche Flavio Valeri, chief country officer Italia di Deutsche Bank, ha esordito con rilevazioni statistiche positive, evidenziando come “il mercato del lusso nel 2017, dopo un anno di stabilizzazione, sia tornato a crescere” e come “il made in Italy si confermi ancora una volta uno dei settori più importanti e vivaci per l’economia italiana”. Valeri ha tracciato anche un primo quadro della complessità che si apre davanti al settore: “L’anno scorso – ha ricordato – abbiamo affrontato in questa sede il concetto di ‘see now, buy now’”. Adesso, la sfida si fa più generale e impone di ragionare sui combiamenti “che un’esperienza di acquisto sempre più personalizzata e ‘custom made’ impone a tutta la struttura produttiva, con interventi organizzativi complessi da parte delle aziende”. Anche la presidente di Assocalzaturifici Annarita Pilotti è intervenuta per evidenziare i progressi fatti dal proprio comparto, anche grazie all’importanza “di fare sistema, di aggregarci, per accompagnare le imprese nel loro processo di internazionalizzazione, alla scoperta di nuovi mercati”. Già nei momenti precedenti i lavori, aveva poi rivolto il proprio appello “al mondo politico, affinché si dimostri più sensibile ai temi cari al manifatturiero: dalla richiesta dell’abbattimento dei costi, a un minor cuneo fiscale, al costo del lavoro, che è diventato un grande problema per tutti gli imprenditori”.

LA SFIDA TECH

Every company is a tech company”. Ha cominciato con questa citazione il proprio intervento David Pambianco, CEO di Pambianco Strategie di Impresa, riprendendo una frase del settembre 2013 di Peter Sondergaard, della società di ricerca americana Gartner. “Il messaggio – ha spiegato Pambianco – è che ogni azienda, in qualsiasi settore essa operi, è oggi un’azienda in cui la tecnologia ha un impatto talmente importante da renderla una azienda ‘digitale’”. Questo si traduce, ha continuato il manager, in profondi cambiamenti su quattro piani: la gestione del brand e la comunicazione; l’offerta di prodotto; i canali di vendita; l’organizzazione. In termini di ‘gestione del brand’, Pambianco ha ricordato come ci siano “3,4 mld di smartphone connessi al mondo e il 90% dei fashion brand è ormai presente con un profilo sui principali social network”. Uno scenario che sta cambiando profondamente il modo (e gli strumenti) per comunicare. “Abbiamo condotto – ha spiegato – un’analisi sull’impatto del digitale da cui emerge come l’investimento medio delle aziende della moda e del lusso in comunicazione sia pari al 3-5% del fatturato e il mix sia cambiato dal 2012 al 2016 con un decremento della stampa dal 67 al 46% del totale, e un aumento delle campagne social (da 0 a 12%) e del display advertising (dall’1 all’11%)”. In relazione al secondo punto (‘offerta di prodotto’), Pambianco ha sottolineato come il prodotto “non detta più i tempi, ma segue i tempi quotidiani degli aggiornamenti social”. La conseguenza è che le collezioni sono sempre più frammentate per stimolare il consumatore. Dalla ricerca, emerge come, dal 2012 al 2017, siano aumentate in media da 3 a 5 le uscite per singola collezione. “Nelle collezioni – ha commentato – non ci sono più regole precostituite, ma vale la strategia e il posizionamento delle singole aziende”. In merito agli effetti del digitale sui ‘canali di vendita’, Pambianco ha evidenziato “la fine dell’era della retail expansion”. Dal 2010 al 2016, ha spiegato, è cresciuta la percentuale del fatturato retail delle aziende e di conseguenza l’apertura dei negozi diretti. Oggi, secondo la ricerca, le grandi aziende sviluppano oltre l’80% del fatturato attraverso il canale retail, mentre le medio-piccole solo il 32 per cento. “Tuttavia – ha ripreso Pambianco – il numero dei negozi monomarca non aumenterà più in modo significativo, e nei prossimi anni sono previsti solo “aggiustamenti” della rete fisica”. Il motivo è che sta cambiando profondamente il concetto del retail monomarca: da unico punto di contatto con il consumatore, il negozio diventa tassello di un percorso multi-point. La crescita passa attraverso il canale dell’ecommerce: la ricerca Pambianco evidenzia come il fatturato online del campione analizzato sia 250 milioni di euro pari a 2-6% del fatturato. Il 52% delle aziende gestisce direttamente le proprie vendite online mentre il 48% lo gestisce in partnership con operatori specializzati. Insomma, si tratta di un nuovo scenario, in cui si fanno strada nuovi business model come i digital native vertical brand (marchi nati utilizzando il canale digitale), e dove i department store e i multibrand sono diventati e-tailer. Questa complessità e molteplicità richiede uno sforzo di gestione coerente e omogenea. Dalla ricerca emerge come il 62% delle aziende intervistate abbia implementato una strategia omni-channel con la rete di negozi direttamente collegata alla propria piattaforma online. Le conseguenze in termini di ‘organizzazione’ (quarto punto dell’analisi) sono profonde. Per la gestione del contatto diretto con consumatore, ha assunto una crescente importanza il Crm (Customer relationship management). Dalla ricerca emerge come il 79% delle aziende intervistate abbia adottato sistemi di Crm. Ma non solo. L’impatto del digitale, ha concluso Pambianco, “ha creato all’interno delle aziende nuove figure professionali portatori di know-how tradizionalmente non presenti, quali il fashion content creator (figure provenienti dalla editoria, dalla tv e dal cinema); il digital merchandiser (figure tipicamente under 30 formate appositamente); il digital marketing specialist (figure evolute dal marketing specialist dei canali tradizionali)”.

POTENZIALITÀ DA COGLIERE

Anche la ricerca presentata da Francesca Di Pasquantonio, head of global luxury research di Deutsche Bank, si è focalizzata sulle molteplici opportunità che la moda italiana ha la potenzialità di cogliere. “Oggi – ha esordito – raccontiamo di una moda ben posizionata, che che deve essere capace di leggere le opportunità”. Il lusso, infatti, secondo le analisi di Deutsche Bank, “è tornato a crescere, dopo che nel 2016 è stata registrato il primo anno debole senza una crisi esogena. Stimiamo per la domanda globale di beni di lusso una progressione globale nel 2017 di circa il 6-7% rispetto all’anno precedente. L’Italia è in una posizione analoga, con un export in aumento del 4-5%”. Insomma, lo scenario è positivo. Ma più complesso. “La domanda – ha spiegato l’analista – diventa sempre più complicata da soddisfare, a causa di un consumatore più evoluto, esigente, delocalizzato e differenziato per età e provenienza”. Una situazione che spinge la concorrenza e “la polarizzazione dei risultati e delle proposte, che in molti casi stanno premiando scelte aziendali e creative forti”. “Di fronte di queste mutazioni – ha proseguito Di Pasquantonio – la moda in Italia rimane ben posizionata, a patto che riesca a leggere, interpretare e far sue le opportunità offerte dai cambiamenti generazionali e dai cambiamenti delle abitudini di spesa, facendo leva e valorizzando le risorse esistenti. In particolare, quelle di essere una meta turistica d’eccellenza; e di avere talenti manageriali e creativi ispirati da secoli di sviluppo artistico e del commercio”.

(di Luca Testoni, Redazione Pambianco)