Fashion & Luxury, come togliere il freno all’innovazione

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Il momento non è dei migliori e occorre fare tesoro dei cambiamenti in atto, già evidenti prima del lockdown. Retex gioca al tavolo della ripresa con due assi nella manica: la forza e l'esperienza di Venistar nella gestione dei negozi fashion & luxury, la partnership con WeChat sul mercato cinese.

Il momento non è dei migliori e occorre fare tesoro dei cambiamenti in atto, già evidenti prima del lockdown. Retex gioca al tavolo della ripresa con due assi nella manica: la forza e l'esperienza di Venistar nella gestione dei negozi fashion & luxury, la partnership con WeChat sul mercato cinese.

Già prima dell'emergenza sanitaria, il mercato mondiale della moda mostrava la progressione di cambiamenti profondi che alteravano gli equilibri tra le aree geografiche, i diversi comparti di attività e gli attori dell'intera filiera fashion & luxury. I processi tipici, oggi vanno inevitabilmente modificati. I negozi enfatizzeranno l'importanza dell'esperienza d'acquisto, integrata in una relazione unica con il cliente sui diversi canali, e la personalizzazione sarà sempre più spinta. Saranno decisive, quindi, le tecnologie utili a supportarla e a ingaggiare il cliente. Per competere, saranno indispensabili l'ampia esperienza d'intervento nella distribuzione internazionale e competenze di prim'ordine per giocare, con successo, la partita sul mercato cinese.

Intervista ad Antonio Canovese, CX Sales Manager di Venistar, sullo stato del mercato fashion & luxury e sull'offerta Retex di tecnologie e servizi al settore.

R. Il tempo dell’emergenza sanitaria non è finito, ma la situazione sembra chiara: il fashion & luxury è tra i settori che ne escono più malconci. O no?

AC. I numeri non mettono allegria, questo è sicuro. Abbigliamento e calzature, secondo McKinsey, subiranno quest’anno una contrazione forte, tra il 27 e il 30%. Si tornerà alla crescita solo nel 2021. Anche il luxury soffrirà, in misura simile e meno nella fascia alta dell’offerta. Ma vanno dette due cose importanti: che il COVID spiega una parte soltanto dei problemi e che Retex, per fortuna, affronta la situazione con due assi nella manica: l’enorme esperienza di Venistar nella gestione dei negozi fashion e la partnership del Gruppo con WeChat.

R. Bene, per prima cosa cerchiamo di capire problemi e prospettive.

AC. La contingenza economica è negativa, e i volumi ne risentono. Le tendenze e i percorsi d’acquisto cambiano velocemente. Per brand e retailer, i tempi tra successo e insuccesso si fanno sempre più brevi e le oscillazioni della domanda sempre più ampie. È in corso da tempo una ristrutturazione radicale e, per certi versi, violenta del settore; va distinta dagli effetti della pandemia e occorre tracciarla nell’intera supply chain e fino alla distribuzione.

R. Un esempio?

AC. Penso all’impatto emotivo e mediatico della cosiddetta retail apocalypse americana, che ha colpito in maniera pesantissima brand e retailer del fashion, spesso di primo piano. Migliaia di negozi chiusi, crisi dei flagship store, disoccupazione crescente, ricorso frequente al chapter eleven. Imputato numero uno, l’e-commerce. In realtà, lo dicevamo da anni, il problema era nell’eccesso di offerta e in modelli di distribuzione ormai obsoleti.

R. Sbagliando i rimedi, magari.

AC. Certo, nella bufera si sono generati gli equivoci peggiori. Che per rimettersi in sesto, per esempio, fosse sufficiente il taglio dei costi. Questo, invece, se non è accompagnato a una decisa azione innovatrice, peggiora le cose. O, ancora, la capacità taumaturgica dell’e-commerce. Il quale, però, se non fa parte di una strategia globale, può assorbire grandi investimenti e rivelarsi un buco nell’acqua.

R. Il fast fashion sembra avere grandi responsabilità nella deriva del mercato.

AC. Le vicende di Inditex e H&M nella prima metà di quest’anno sono clamorose, ma non inaspettate. Parliamo, rispettivamente, del 50% di flessione del fatturato e del piano di chiusura di 1200 negozi nel mondo. L’invadenza di quel modello di business, che sovraccarica i negozi e genera quantità enormi d’invenduto e di rifiuti, è alla base della manifesta contrarietà di brand e stilisti alla molteplicità di collezioni ogni anno e al fulmineo ciclo vita dei capi in negozio, disallineato alla stagione reale. La lettera di Giorgio Armani a Women's Wear Daily, insomma.

R. Negozio sì, ma come?

AC. I negozi di moda enfatizzeranno l’esperienza d’acquisto integrata, in una relazione unica e omogenea con il cliente sui diversi canali e a scapito della metratura e degli assortimenti. La personalizzazione sarà decisiva e saranno sempre più importanti, di conseguenza, le tecnologie utili a supportarla e a ingaggiare il cliente. Chi ha scelto questa strada, combinando commercio fisico, digitale e ogni altro touchpoint, sta vincendo la partita. Per dirla proprio con le parole di Pablo Isla, il…signor Inditex, "una maggior qualità del negozio significa anche una maggiore performance nell'e-commerce".

R. Per chi lavora in Venistar, la riforma digitale del negozio non è certo un impegno da far tremare i polsi.

AC. No, non lo è. In Venistar abbiamo accompagnato e anticipato costantemente i trend del mercato, consolidando nella nostra piattaforma digitale, Venistar CX, l’esperienza maturata negli ultimi 15 anni, rivoluzionari per l’approccio al mercato da parte dei brand del settore. Vantiamo decine di progetti di innovazione digitale, per più di 70 brand internazionali. Serviamo più di 30.000 utenti, e siamo il primo partner europeo di Retail Pro, leader internazionale del software per il fashion retail.

R. La tecnologia, forse, non è andata sempre di pari passo con l’evoluzione del mercato.

AC. Questo è un punto importante. I sistemi, purtroppo, non sono adattabili velocemente e facilmente ai cambiamenti dei modelli di business e della domanda. Spesso rappresentano il vero freno all’innovazione nell’impatto con un insieme complesso e vastissimo: logistica, produzione, infrastrutture, ricerca, sviluppo, prodotti, customer service, amministrazione e relativi sistemi aziendali legacy. A questi bisogni, servono risposte adeguate.

R. Dimmi qualcosa di più sull’offerta tecnologica.

AC.Per offrire nuovi servizi al digital globe shopper non basta aggiungere un nuovo tool o qualche funzione in più al sistema di gestione in uso. È necessario, invece, disporre di una piattaforma digitale avanzata, per supportare efficacemente l’innovazione omnicanale e che renda semplice e immediato l’accesso ai sistemi aziendali coinvolti. Venistar CX è proprio questo: ci permette di superare i vincoli della tradizionale gestione IT. Possiamo, quindi, abilitare la trasformazione costante del ciclo di acquisto in un contesto comune a tutti i touchpoint, fisici e digitali, che possano sfruttare assistenti virtuali, realtà aumentata, voice shopping, machine learning e algoritmi predittivi.

R. Altri cambiamenti importanti, all’orizzonte?

AC. Il cambiamento più importante, negli anni, è stato proprio il Cliente. È diventato esigentissimo, nomade e digitale; è molto attento alla qualità dei servizi e dei prodotti e, soprattutto, ai valori del brand e alla sostenibilità.

R. Per il luxury, le valutazioni sono le stesse fatte per il fashion nel suo complesso, o cambia qualcosa?

AC. Se, dopo l’emergenza sanitaria, anche questo settore ha raccolto e sta raccogliendo i cocci, le prospettive di ripresa sono consistenti e, più di ogni altra cosa, è riconfermata la centralità del mercato cinese. Secondo Bain, l’importanza della Cina per gli operatori del lusso sarà ancora più decisiva, arrivando a sostenere entro il 2025 quasi il 50% del mercato globale, per un valore superiore a 300 miliardi di euro. In quel paese, la presenza di una consolidata infrastruttura digitale per il commercio ha contenuto la flessione della domanda di lusso e, in parte, non l’ha nemmeno subita. E noi, a quel tavolo, ci giochiamo il secondo asso nella manica.

R. Vediamolo, allora.

AC.Retex vanta una lunghissima collaborazione con Tencent, holding cinese che controlla WeChat, la prima piattaforma di servizi digitali al mondo. Per la colossale diffusione, è, di fatto, l’internet dei cinesi. Il made in Italy è, per i cinesi, un richiamo irresistibile, nel fashion & luxury, e non solo. Ma il successo commerciale in Cina non è possibile, senza la mediazione tecnologica di WeChat che, da anni, è la nostra cassetta degli attrezzi e ci ha regalato molte soddisfazioni. Su questa premessa, a giugno abbiamo lanciato il progetto Pavilion Italia.

R. Caratteristiche e obiettivi del progetto?

AC. Si tratta di un’unica vetrina virtuale, posta a finestra privilegiata da cui le aziende virtuose del Belpaese si potranno affacciare sul mercato cinese. Non a caso è Pavilion Italia il nome scelto per il progetto nato dall’accordo tra ICE-Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane e Tencent, colosso internazionale e sviluppatore della piattaforma WeChat. L'impatto sulle vendite di prodotti delle aziende italiane potrebbe essere consistente considerando che WeChat viene utilizzata ogni giorno in Cina da oltre un miliardo di utenti, un ecosistema in connessione costante con il mondo circostante, dove l’utente svolge molte delle sue azioni quotidiane sfruttando le potenzialità del digitale..

R. Parola d’ordine “ottimismo”, quindi.

AC. Sì, ma non è una semplice declinazione di volontà. Sulla scorta di ciò che già abbiamo fatto e per ciò che adesso abbiamo in mano, siamo convinti che il fashion & luxury rappresenterà una parte consistente dello sviluppo del nostro gruppo.

(a cura di Retex SpA e Venistar Srl)