Smart Connected Factory, l’Industria 4.0 secondo Oracle

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Implementare la digitalizzazione è un processo graduale. Per realizzare l’obiettivo di una digital enterprise non basta solo adottare nuove soluzioni, bisogna essere in grado di gestire il cambiamento.

Massima interazione tra persone, macchine e dispositivi con la trasformazione digitale dei processi produttivi per abilitare la fabbrica intelligente. Come? Grazie alla possibilità di connettere l’ambiente di produzione con i sistemi informativi, sfruttando le nuove tecnologie (dal machine learning alla blockchain, dall’intelligenza artificiale alla realtà aumentata) incapsulate nelle applicazioni per rendere più efficienti produzione, supply chain e manutenzione.

L’informazione è la moneta di oggi e il valore che ne deriva è in rapporto alla sua latenza” ha esordito Simone Marchetti, Business Developer Manager di Oracle Italia, per introdurre il tema della fabbrica intelligente interconnessa, riferendosi al significato che assume in informatica il termine latenza ossia “velocità di risposta”. In altri termini significa che, la rapidità con la quale informazioni di dettaglio (che possono arrivare fino al funzionamento della singola macchina utensile) vengono messe a disposizione di chi si occupa di pianificazione, gestione della produzione o manutenzione fa la differenza nella capacità di essere competitivi.

“Sharing economy, servitization, hyper customization e customer centric organization sono i fenomeni che caratterizzano la nostra società oggi e che hanno reso obsoleto un modello lineare di relazioni e di catena del valore facendo emergere il concetto, opposto, di connected value chain”, ha proseguito Marchetti, che ha così riassunto le tre componenti strategiche della competitività nel 3° millennio:

  1. innovazione di prodotto: cioè avere la capacità di capire, attraverso un sapiente utilizzo di tecnologie di big data analytics, machine learning, ecc., cosa vogliono veramente gli utenti, arrivando anche ad anticipare esigenze magari non completamente espresse;

  2. logistica flessibile: indispensabile per essere in grado di approvvigionarsi di merci e componenti in entrata e rilasciare prodotti finali in uscita nei tempi e nelle quantità richieste dal mercato;

  3. smart manufacturing: solo una revisione dei processi produttivi, combinata con l’adozione di tecnologie che vanno dal machine learning all’intelligenza artificiale, dall’automazione all’IoT, dal cloud alla blockchain consente di assicurare time-to-market, scalabilità, flessibilità e ritorno dell’investimento.

La convergenza tra Information Technology e Operational Technology

“L’obiettivo è quello di dare valore ai dati prodotti dalla Connected Factory analizzandoli, interpretandoli ma soprattutto collegandoli ai processi di business; in una parola rendere ‘smart’ il processo produttivo. In questo modo, viene a realizzarsi la vera convergenza tra Information Technology e Operational Technology (figura 1)”, ha affermato il manager Oracle, aggiungendo: “Implementare la digitalizzazione è un processo graduale e oggi la maggior parte delle aziende si trova in uno stadio intermedio (figura 2): ma per realizzare l’obiettivo di una digital enterprise in grado di rispondere puntualmente a clienti sempre più digitali non basta solo adottare nuove soluzioni, bisogna essere in grado di gestire il cambiamento con l’introduzione di nuovi modelli organizzativi”.

Tema che viene ribadito da Sergio Gimelli, Sales Consultant Director di Oracle Italia nel presentare la demo della Smart Connected Factory: “La chiave del successo è data dal livello di integrazione della tecnologia digitale con quella operativa: due ambiti che si devono necessariamente incontrare per instaurare un dialogo, superando le rispettive logiche. Per lo specialista IT questo significa cambiare pelle e rapportarsi in modo diretto con le esigenze produttive e operative in modo da superare eventuali resistenze e proporsi come un supporto importante per raggiungere gli obiettivi di business. Non sempre è un percorso agevole – ha riconosciuto Gimelli – perché richiede cambiamenti organizzativi, un’evoluzione anche culturale, ma è la tecnologia stessa oggi disponibile che può dare un aiuto importante in questo senso: il cloud in particolare, che permette di abbattere più agevolmente i silos ‘informativi’, consentendo di creare piattaforme comuni su cui operare per ottimizzare il percorso di trasformazione digitale e facilitare la trasformazione dei dati in informazioni accessibili, comprensibili e utilizzabili dalle diverse linee di business anche se non si è specialisti IT”.

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(Di Patrizia Fabbri, Redazione Zerounoweb.it)