Il lato Fashion dei dati

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Presentati i risultati di una ricerca che ha l’obiettivo di raccogliere le conversazioni che descrivono l’industria del fashion, del luxury e del made in Italy e restituire insight come leve strategiche per il business.

Sono stati presentati i primi risultati della seconda edizione di una ricerca che ha l’obiettivo di raccogliere le conversazioni che descrivono l’industria del fashion, del luxury e del made in Italy e restituire insight come leve strategiche per il business.

Ogni giorno le persone utilizzano social media, blog e forum per comunicare fra loro, raccontare esperienze e condividere preferenze attraverso commenti, tweet, post, immagini e video su ogni canale digitale. Questa molteplicità di dati può essere raccolta e analizzata per fornire informazioni utili a descrivere scenari e trend di mercato, identificare preferenze sui brand e sui prodotti anticipando così la domanda dei consumatori.

Nel trimestre ottobre 2014 – gennaio 2015 sono state raccolte 668.851 conversazioni in lingua inglese, legate a 20 marchi dell’alta moda italiana, alle quali se ne sono aggiunte altre 232.116 sviluppatesi durante la settimana di Milano Moda Donna fra il 25 febbraio e il 2 marzo 2015.

Dieci dei venti brand analizzati hanno collaborato attivamente alla ricerca con il coinvolgimento in interviste dirette, consentendo così lo studio incrociato della percezione dei brand nell’online e la loro organizzazione interna.

Grazie alle interviste è stato possibile delineare un mercato eterogeneo con strategie di comunicazione diverse in linea con il posizionamento del marchio, la sua “età” e livello di digitalizzazione. Al momento, il principale obiettivo da parte delle aziende nell’utilizzo dei social è la Brand & Product Awareness (75%). Emerge però la volontà di capitalizzare sull’investimento già fatto per ampliare le proprie community, sviluppando capacità di analisi e di qualificazione dei propri fan e follower, e concentrandosi maggiormente sull’ingaggio e la relazione post-vendita.

Ma di cosa parlano i brand e qual è il tono delle conversazioni che li riguardano? Sulla rete si parla prevalentemente di prodotti, di sfilate e di celebrities. Il tono delle conversazioni è per il 31% positivo, solo un 4,2% delle discussioni è negativo. Ciò significa che chi parla di moda lo fa perchè entusiasta dell’argomento. Tentare di indirizzare queste conversazioni potrebbe essere quindi più facile del previsto: oltre il 50% sono infatti le mention “neutre” che delineano un ampio spazio di opportunità per quei brand che volessero puntare al miglioramento della loro perception. Solo il 30% delle aziende si è già attivato per conoscere meglio i propri fan con attività di social CRM attraverso un utilizzo più strategico dei diversi canali.

Una curiosità: durante la settimana della moda la maggior pressione editoriale non ha avuto effetti diretti sull’engagement dei partecipanti. Anzi i più alti livelli di mention ricevute sono legati ad aziende più piccole e giovani, che hanno destato maggior interesse.

Come comunicare dunque al popolo della rete per risultare più efficaci? Quanto dei valori che i brand ambiscono divulgare si riflette nelle conversazioni on line? Secondo quanto condiviso dai brand i principali argomenti che vengono trattati sono: qualità (80%), eleganza (40%) e tradizione (40%). Essi non corrispondono esattamente a quelli più chiacchierati in rete che invece vedono al primo posto l’emozione (33%) e solo al secondo e terzo posto l’eleganza (19%) e la qualità (12%). Quest’ultimo è un tema sensibile che presenta un 4% di sentiment negativo e che deve quindi essere trattato con maggior attenzione.

In linea con il più recente interesse legato all’emotional marketing, i ricercatori hanno utilizzato modelli psicolinguistici in grado di far emergere le caratteristiche distintive della personalità sia dei brand che dei loro fan. Prendiamo ad esempio la Milano Fashion Week: i marchi hanno parlato di loro stessi, comunicando per il 92% piacere ed edonismo, mentre i partecipanti si sono dimostrati molto conservatori (98%) e bisognosi di armonia (42%). L’opportunità che emerge per l’impresa è quella di essere libera di comunicare in modo più eterogeneo facendo attenzione a non allontanarsi dai valori del brand stesso.